FESTA D' AGOSTO
Questa festa, celebrata nell’ultima domenica di agosto,
venne dedicata alla Madonna in ringraziamento per
il raccolto già realizzato e per quello imminente.
Il paese era infatti strettamente agricolo e la popolazione
faceva esclusivo affidamento sul frutto della terra,
senza disprezzare l'aiuto degli animali, sia da trasporto
e da tiro, sia da carne o da latte. Essendo la più
importante dell'anno, questa festività veniva
prolungata per tre giorni: domenica, lunedì
e martedì.
Domenica
E’ la giornata essenziale sia per
la solennità religiosa che per i festeggiamenti
civili, annunciati già a mezzogiorno del sabato
dal suono delle campane e dagli spari dei mortaretti,
che si ripetono anche la domenica mattina all'Ave
Maria. La prima messa aveva luogo di buonora (ore
6) perché molte persone dovevano accudire agli
animali che erano tenuti in campagna o alla periferia
del paese. Così la gente poteva dedicarsi tranquillamente
a questo lavoro dopo aver ascoltato la S. Messa e
se qualcuno, aiutato dai figli, riusciva a tornare
in tempo per quella delle 11, non la perdeva di certo,
perché essa era molto importante per il paese:
era infatti molto solenne, essendo cantata e concelebrata
da tre sacerdoti ("messa in terza"). Oggi
questa usanza non esiste più a causa della
riforma liturgica voluta dal Concilio.
Prima della S. Messa la pregevole statua lignea della
Madonna, donata alla chiesa dall’arciprete Giovanni
Maria Panicola nel 1607, veniva ornata d'oro e solo
la sera, dopo la processione, gli ornamenti preziosi
venivano tolti. Si diceva quindi che la Madonna era
stata "vestita" con gli ori donati dai fedeli.
E' stato possibile seguire questa tradizione fino
agli anni Cinquanta, successivamente, a causa del
pericolo di furti sacrileghi, la vestizione avveniva
la sera, prima della processione notturna.
La cerimonia si svolge infatti in piena notte, verso
le 22,30-23, lungo lo stesso itinerario della processione
di aprile: via Monte Albano, "giro dei Frati";
sembra che questa singolare tradizione risalga agli
inizi del Settecento. Un tempo vi partecipavano devotamente
le Confraternite, che davano ordine al corteo in modo
analogo a quanto avveniva nella processione di aprile,
con la sola differenza che i portatori della "macchina"
indossano sul sacco bianco la mantellina e il cordone
rosso della Confraternita del SS. Sacramento di S.
Giovanni. Come ho già accennato, il cambio
dei portatori avveniva nel punto chiamato la "Croce
ranne".
Al ritorno quando il corteo faceva il suo ingresso
in piazza S. Giovanni per il solito giro, l'elettricista
di stanza a Montecelio spegneva le luci, mentre si
accendevano i bengala multicolori che illuminavano
il percorso della Madonna; era uno spettacolo suggestivo
e commovente, che durò fino a quando il vecchio
elettricista andò in pensione. Poi la bengalata
si accendeva ugualmente, arricchita da bellissime
cascate luminose ai lati dell'ingresso in chiesa,
ma a causa le luci accese si era ormai perso l'impatto
emotivo dato dall'oscurità. Al termine del
giro, mentre scoppiavano i mortaretti il corteo rientrava
in chiesa. Oggi (fin dal 1990-91) gli esperti hanno
vietato questi spari, fatti esplodere troppo vicini
alla chiesa sul lato dell'oratorio, perché
le vibrazioni da essi prodotte potevano danneggiare
l'edificio.
Alla processione non mancava la banda musicale del
paese ma con la seconda guerra mondiale essa cessò
di esistere, perché molti bandisti non tornarono
o tornarono malati. Nel 1981 fu ripristinata la scuola
di musica e nel 1983 il complesso entrò nella
fase operativa. Il suo nome, "Associazione Banda
Musicale Cornicolana - Montecelio", fu dato ricordando
i monti Cornicolani su cui sorge il paese. Prima della
processione, verso le ore 17, vi è in piazza
un grande concerto bandistico; alla fine di esso,
verso le 21 - 21,30, si svolge la tombola, grande
attrazione popolare.
A mezzanotte circa, dopo la processione, venivano
sparati i fuochi artificiali che concludevano la festività
domenicale. Quelli a mortaio venivano fatti esplodere
dove c'è adesso la piazza nuova (un tempo quel
luogo era una piccola discarica); le girandole rette
da pali erano sistemate in piazza S. Giovanni, nelle
vicinanze della chiesa e del bar di Righetto (allora
sia la piazza sia lo slargo dove arrivano i pullman
erano sterrati). Dopo la guerra per noi ragazzi veder
ripristinare la tradizione dei fuochi, interrotta
dal conflitto, fu di grande sollievo e ci diede tanto
piacere: gli spari della guerra, non dimentichiamolo,
erano ben diversi da quelli della festa e dei divertimenti.
Auguriamoci, ed auguratevi, di non vederli mai più.
Lunedì.
Al mattino gli uomini, sempre di
buon'ora, si occupavano degli animali. La S. Messa
del mattino veniva regolarmente celebrata ma quando,
dopo il primo conflitto mondiale, fu eretto un monumento
ai caduti, ai piedi di esso veniva celebrata una messa
di suffragio; dopo l'ultima guerra venne aggiunta
una lapide con i nomi dei nuovi caduti e la cerimonia
fu estesa anche alla loro memoria, onorata con l'offerta
di una corona di alloro.
Nel pomeriggio si iniziavano i giochi popolari. Il
più antico era "corsa della stella",
che partiva più o meno dall'ex asilo e arrivava
fino al punto dove veniva fissata, con una corda fra
due pali, la "stella" di forma circolare
con un buco al centro, coperto da un foglio di carta
per dar modo di verificare se il centro era stato
colpito. Il cavaliere portava al galoppo il cavallo
e cercava di infilare nel buco della stella un bastone
simile a un manico di scopa; vinceva chi più
volte indovinava il centro. Premi in denaro andavano,
se non sbaglio, ai primi tre classificati.
In tempi più recenti in piazza S. Giovanni
si svolgeva la "rottura delle pignacce".
Delle pentole di coccio venivano issate lungo una
corda tesa fra un palo ed un albero. I giovani partecipanti,
cavalcando asini in corsa, dovevano colpire le pigne,
che rompendosi lasciavano cadere i premi: acqua, cenere,
salami, polli o qualche piccola somma in denaro.
Anche in questo pomeriggio, fino all'inizio dell'ultima
guerra, non mancava il complesso bandistico. Tra le
21,30 e le 22 veniva estratta la lotteria: i premi
consistevano per lo più in generi alimentari
(farina, olio, rano, fagioli, salami, ecc.) ma, se
il Comitato disponeva di fondi, metteva in palio anche
un asinello. Dopo la lotteria, ancora una volta la
banda rallegrava la serata e verso le 23, più
o meno, terminava ogni festa.
Martedì.
La mattina era dedicata ai consueti
lavori ma anche alla preparazione della visita alla
Rocca medioevale. Questa tradizione, fra le più
caratteristiche del nostro paese, fu sospesa .negli
anni Sessanta, perché alcune strutture dell’antichissimo
edificio in rovina erano pericolanti. Eseguiti i lavori
di consolidamento, nel 1981 la Rocca fu riaperta su
richiesta dello scrivente, allora presidente del Comitato
per la festa d’Agosto; via via la tradizione venne
ripresa, ma non con la partecipazione di una volta
e con il rispetto delle antiche tradizioni, anche
perché i tempi erano cambiati.
La visita aveva inizio verso le 16 e si trasformava
in un festino perché tutti portavano qualcosa
da mangiare e da bere. La tradizione prediligeva il
cocomero paesano, perché quasi tutti ne avevano
piante in campagna; per la circostanza riservavano
sempre i più belli e ognuno ne vantava la bellezza,
ma anche il sapore e poi dava consigli su come ottenere
frutti così belli e saporiti. Prima di aprire
i cocomeri si usava mangiare lumache cotte alla cacciatora,
un po’ piccanti affinché richiedessero più
vino da bere. Anche nel gustare il vino si faceva
a gara nel lodarne e discuterne la bontà. Non
mancava il formaggio casareccio, fatto da pastori
locali e dato in cambio dell’erba concessa in pascolo
alle pecore; se il pascolo non era un granché
veniva scambiato spesso con un abbacchio e ricevere
una “pizza” di cacio intera non era da tutti, anzi,
da pochissimi. Quasi tutti poi usavano mangiare la
ricotta, che era il cibo più popolare.
Alla fine a mano a mano arrivavano i canti, dopo che
il vino aveva riscaldato i sentimenti umani. Sul far
della sera si ridiscendeva in piazza e gli uomini,
dopo una visita in chiesa, si recavano nelle “fraschette”,
che in quei tempi abbondavano offrendo vino genuino.
A mezzanotte si sentivano altri canti, ben diversi
da quelli ascoltati poco prima alla Rocca.
Con essi terminava la lunga festa, popolarmente detta
“u Festone”. Il mattino dopo si tornava al lavoro
perché esso - soprattutto il bestiame - non
poteva aspettare.
Per concludere ricorderò altre tradizioni popolari
meno frequenti, ma riprese di recente. Il lancio e
la guida dell’aquilone, detto “stella”da noi ragazzi
degli anni Venti e Trenti (ma anche prima), oggi si
svolge di martedì nel piazzale della Rocca.
Fino al 1939 venivano alzati il sabato a mezzogiorno
più “palloni volanti” e anche questa usanza
si è rivista ai nostri giorni in piazza S.
Giovanni, insieme alla scalata del palo della cuccagna.
Antonio Fedeli
Secondo una diffusa tradizione orale la festa,
un tempo celebrata a Ferragosto, sarebbe poi stata
spostata all’ultima domenica del mese per consentire
ai contadini di portare a termine le operazioni di
trebbiatura e di vendita del grano comunale, dato
che la festa era finanziata dalla Comunità
proprio con i proventi di questa vendita e con quelli
dell’erba “della Ricalata, addetta a supplire alla
spesa della Festa”.
Il Piccolini sostiene invece che anticamente la festa
dell’Immacolata Concezione avvenisse l’8 dicembre,
secondo il calendario liturgico, e che sia stata spostata
ad agosto solo nel 1808.
Dai documenti appare certo che fin dal Settecento
la Madonna veniva esposta solennemente all’interno
della sua “macchina” durante il periodo del raccolto
e infine portata in processione. E’ quindi probabile
che si tratti di due festività diverse, unificate
agli inizi del XIX.
Maria Sperandio
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